lunedì 2 agosto 2010

questo è il paese dell'amore

- Poi ti pare che uno ti chiama alle due di notte per dirti che ha avuto un
un incidente e poi non si fa più sentire?
- Vabbè, ma magari c'avrà avuto da fare. Il carro attrezzi, le medicazioni.
- No, non ci si comporta così. Lui deve capire che la nostra storia è arrivata
a un punto in cui non può sparire per delle ore mentre io sono lì in albergo
a preoccuparmi. Il mattino dopo niente. Ho fatto colazione, sono stata in
piscina fino all'ora di pranzo e quello ancora niente.
- Eh, ma stava cercando di prendere un aereo, aveva altre priorità.
- Altre priorità? Più prioritarie che dire alla tua fidanzata "sono salvo, sono
vivo, arrivo alle quattro?"
- Ah, quindi poi è arrivato?
- No, ha corso come un pazzo ma ha perso l'aereo. Quel demente.
- Ma povero. L'incidente, il nervosismo.
- Tu mi devi sempre dar torto. Quelli che erano con me hanno tutti quanti detto
che sono una stupida se gli permetto di comportarsi ancora così.
- E che dovresti fare? Mollarlo perché non ha un rapporto morboso col telefono
e ha pensato soltanto a prendere quel cazzo di aereo invece di spiegarti per
filo e per segno il suo percorso? Eddai.
- Parli bene tu che convivi. Tu che sai sempre dov'è e cosa fa.
- ...
- Poi io avevo preso questa stanza col terrazzino, per lui era la prima volta in
Sardegna. Avevo fatto tutto per lui.
- Mi spiace. Vacanza rovinata, eh?
- No, ma sai, ero con gli altri. Alla fine hanno insistito che restassi. Ma tu lo
sapevi che G. non sta più con T. e che quest'anno s'è portato la sgallettata in
vacanza? Mica scema la tipa, L. mi ha detto che a settembre G. passa al quinto
piano.
- E T.? Non andavate in vacanza insieme da tipo dieci anni?
- Massì, ma te l'ho detto. Giusto per rispetto di G. Perché io ogni volta che la
vedevo con tutta quella verdura nel piatto, e 'sta storia che non ci rendiamo
conto, che sprechiamo la nostra vita. Ha parlato quella che ha ereditato la
magione in Maremma.
- Vabbè, ma quindi ti sei divertita?
- Sì, alla fine si può dire che sono stata bene. Quando sei con gli amici.
- E lui?
- Eh, lui ha perso l'aereo. C'ha le ferie contate. Alla fine è rimasto lì.
- Povero.
- Eccerto, povero lui. Io, invece, costretta a stare ogni sera a cena un tavolo di sole coppie sono miss fortunella.
- Però almeno eri in vacanza. Al mare.
- Sì, ma non hai idea dell'ansia.

venerdì 16 luglio 2010

Almeno la forma

Il signor D. era uno che conosceva a memoria molte più regole di quante l'umana convivenza potesse tollerare. Le regole lo facevano sentire al sicuro, sovrano di un regno minuscolo ma tignoso come solo un condominio può essere. Lo potevi incontrare al mattino, mentre fintamente distratto misurava a occhio l'altezza delle siepi del giardino di quelli arrivati un mese prima. A volte, accorgendosi di essere osservato, fingeva di chiamare il figlio, o il cane, switch senza fantasia, muoveva la testa come in preda a un tic al rallentatore, girava su stesso senza riuscire però a distogliere lo sguardo dal dettaglio che lo infastidiva.

E allora produceva cartelli. Plastificati, colorati, con velleità sarcastiche proprie di chi invece è molto serio ma ha paura che un giorno, da dietro quell'albero potato male o da una parete scrostata per l'umidità, salti fuori uno che lo prenda schiaffi. "Ti piace che in casa tua sia tutto in ordine e pulito, hai comprato anche dei cestini per la differenziata davvero belli. Ma quando passeggi nel giardino comune, dimentichi che non puoi buttare a terra i tuoi mozziconi. Dai, fai uno sforzo. Questo spazio è anche tuo". Col risultato di essere più antipatico e meno efficace di una pubblicità progresso, e di trovare i suoi cartelli tagliuzzati, lanciati come pericolosi frisbee oltre la siepe del suo curatissimo giardino, commentati con un laconico "Pirla" scarabocchiato col pennarello indelebile.

Ma D. era un entusiasta, e nemmeno quando la realtà gli sputava su quella faccia sorridente tutto il suo disprezzo lui smetteva di credere che la vita è bella.
Aveva iniziato a perdere i capelli a 21 anni, un'alopecia maligna che lo aveva derubato in poche settimane del colore al centro della testa, lasciandogli questo cerchio bianco, perfetto, per ricordo. Montato su un corpo scoordinato e insicuro, eppure sempre apparentemente contento, soddisfatto. Si era sposato con una donna che già al secondo appuntamento lo trovava terribilmente noioso, ma a volte tutto è preferibile quando sei stata mollata da uno che ti confessa che "non riesco a mentirti, non ti amo da un anno ormai". I suoceri ne avevano subito percepito la malleabilità, rinforzando il loro potere d'azione sulla giovane famiglia grazie a un generoso prestito per l'acquisto della casa. La casa che D. amava più di tutto, e che ogni domenica apriva le porte ai due compiaciuti anziani, che ancor prima di salutare si piazzavano in soggiorno a elencare errori di stile e scelte improrogabili sul colore delle pareti. Poi si sedevano al fresco, e mentre D. grigliava per loro costose bistecche, borbottavano tra loro ignorandolo.

Ma D. amava svegliarsi e spazzare via le foglie dal vialetto, uscire col cane, dare un consiglio non richiesto al vicino di box, inventare nuovi cartelli, colorati haiku di aggressività repressa. Aveva tutto quello che nella cassetta degli attrezzi altrui mancava, e amava tutto ciò che era meccanico, fisico, probabile, rispettoso delle regole, appunto. Anche di quelle grammaticali, a cui era affezionato per via di una maestra di terza elementare che era solita elogiarne la precisione della scrittura, che mai si prendeva il lusso di uscire dalle righe.

Il giorno in cui D. uscì di casa a piedi, con la maglietta ancora sporca del terriccio in cui aveva piantato le ortensie, la moglie non se ne accorse nemmeno. Il bicchiere di prosecco ghiacciato, il terzo quel pomeriggio, la teneva a distanza dalla rabbia per l'ordine in cui D. aveva incasellato la loro quotidianità, una costellazione di post-it sugli interruttori ("solo la luce del sole è gratis"), sulla dispensa ("non credo che i biscotti ti saranno grati per l'ora d'aria che gli concedi lasciando aperta la confezione"), sul frigo ("sei sicuro che qualcuno non viva qui dentro da troppo tempo?").

Pensarono tutti che a ferirlo fosse stata la scoperta, ma ignoravano che D., attento com'era ai dettagli, sapesse ogni cosa. La sofferenza non lo aveva mai spaventato. Di quel cartello, un dozzinale foglio A4 appeso storto sulla saracinesca del box, se ne accorsero solo il mattino dopo. "Tua moglie ti fà le corna". Eccheccazzo, almeno la forma.

mercoledì 14 luglio 2010

grey gardens

"E quindi, mi stavi dicendo, lì dove sei adesso ti trovi benissimo"
"Sì. Abbiamo un bel giardino. D'estate ci puoi mettere le sdraio e leggere, perfino addormentarti"
"Ma non avevi chiesto il full time?"
"Sì, ma che c'entra?"
"No, niente. Pensavo a quando lo trovi, il tempo di leggere in giardino"
"Vabbè, il sabato, la domenica, quando la sera torno a casa e il bambino me lo tengono i miei"
"Ah, già. Come sta il bambino?"
"L'abbiamo mandato al mare coi nonni"
"Quindi ora puoi leggere tantissimo"
"Eh, magari. Devo ancora sistemare tante di quelle cose, in casa. E poi ieri mi è sembrato di vedere un ragno in cucina, non ho nemmeno il coraggio di guardare"
"Vabbè, col giardino è il minimo, un ragnetto"
"Ma tu lo sai come sono fatta. Odio gli insetti, di qualunque dimensione e forma. Comunque niente, che poi tra andare avanti e indietro, e prendi tre mezzi, e fai la spesa, e skypa X che resterà a Shangai ancora altri 6 mesi e sente tanta nostalgia di casa, alla fine il tempo..."
"..."
"..."
"Epperò ti trovi benissimo"
"Sì, guarda. Non capisco quelli che hanno bambini e comprano case in città. Vuoi mettere d'estate quanto è bello avere un giardino?"